Sempre più spesso si attua una vera e propria censura ai danni di questo media. Perché?
Sono ormai passati ben 37 anni da quando Nutting Associates metteva in commercio il primo videogioco della storia: Computer Space. Da allora, passando per Pong, Tetris e Mario, fino ad arrivare a Final Fantasy e Gears of War, il videogioco ha cercato di farsi strada, talvolta riuscendoci, tra i media dominanti. Ma il suo cammino non è stato certo facile: la sua è sempre stata, e continua ad essere, oggi più di prima, una continua lotta contro chi cerca di mettergli il bastone tra le ruote puntandogli il dito contro e accusandolo di essere la colpa di ogni male dell’umanità o la maggiore causa di violenza tra i bambini.
La verità è una sola: troppa gente incompetente si ritiene in grado di parlare di videogiochi ma soprattutto di accusarli senza aver mai preso un pad in mano.
Fiorello, che in una puntata di Viva Radio 2 - show radiofonico condotto con Marco Baldini - accusa Grand Theft Auto IV di essere un gioco il cui obiettivo è “commettere crimini per fare più punti”, minimizzando oltremodo il lavoro di Rockstar Games (casa sviluppatrice del titolo, ndr) e mettendo in secondo piano quello che il gioco ha da offrire grazie a una trama e una sceneggiatura degne di Hollywood, è l’emblema del fatto che il videogioco è ancora considerato qualcosa di inferiore agli altri media tanto che chiunque può essere libero di parlarne pur non avendo le minime competenze per farlo.
Se ci spostiamo a livelli più alti e decisamente più vicini all’industria videoludica stessa, la situazione è, in taluni casi, ugualmente grave e ha, ovviamente, conseguenze più tangibili. Citando uno dei casi più recenti, Bioshock 2, sequel di una vera e propria opera d’arte sbarcata lo scorso anno sulle console di nuova generazione e su PC (ovvero Bioshock, di cui potete leggere la recensione su XboxWay.com, ndr), rischia di non vedere mai la luce nel Regno Unito (o di arrivare nei negozi decisamente “monco” a causa di diversi tagli che ne inficerebbero la qualità) per via di un organo di classificazione (la BBFC) sempre più vicino a una vera e propria “mannaia” - che qualche anno fa aveva già colpito l’ormai famoso Manhunt 2. Non ci si limita, dunque, a vietare la vendita di un prodotto ai minori qualora questo non sia adatto a tale fetta di pubblico, ma si inizia sempre più spesso a scegliere una strada più breve, assolutamente drastica e ingiusta: la censura.
Stessa sorte di Manhunt 2 sarebbe potuta toccare a Call of Duty 4, noto gioco dall’ambientazione bellica che fortunatamente è arrivato sul mercato intatto lo scorso inverno. Meno fortunato è stato invece, in Australia, il gioco di prossima uscita Fallout 3 (targato Bethesda Softworks), letteralmente bandito dall'Ufficio per la Classificazione del Cinema e della Letteratura locale: gli amici australiani si perderanno un vero capolavoro. Semplicemente scorretto.
Certo, non siamo ancora arrivati al punto di poter dire che i videogiochi sono stati messi “al bando”, ma indubbiamente la strada che si sta cercando di intraprendere, e ne è la prova l’Australia, dove ormai si vietano due o tre giochi all’anno, non propone rosee prospettive per il futuro.
Cosa fare, dunque? Ci sono dei modi per evitare la censura? Ovvio, e per illustrarli torniamo in Europa. Qui, spesso si trascura una cosa molto importante: il PEGI (Pan European Game Information, equivalente della BBFC britannica e del ESRB americano). Si tratta di un sistema di classificazione dei prodotti videoludici che è ormai lo standard e che molti (si spera) avranno imparato a conoscere grazie ai simboli che compaiono sull’angolo inferiore sinistro e sulla facciata posteriore delle copertine di tutti i giochi.
Spesso, purtroppo, molti prodotti considerati (giustamente) dal PEGI come non adatti a un pubblico di minori vengono ugualmente venduti - o inconsapevolmente acquistati dagli stessi genitori - a bambini e ragazzini, con le ovvie conseguenze negative che il loro utilizzo può avere sulla loro psiche.
Insomma, perché non sfruttare appieno ciò che già esiste? Basterebbe pubblicizzare maggiormente il sistema PEGI (o, in generale, i vari sistemi di classificazione in vigore nelle diverse aree del globo), dargli più peso e soprattutto fare in modo che venga rispettato al momento della vendita. Niente censure in questo modo, e il pubblico adulto potrebbe godere liberamente di un nuovo, attesissimo videogioco allo stesso modo e con la stessa facilità con cui è libero di godersi una nuova pellicola cinematografica di Quentin Tarantino.
5 commenti:
avendo studiando psicologia e pedagogia posso dire che i video giochi non fanno male e di coseguenza censurare i giochi come riportano i vari articoli, a mio avviso non è giusto. di sicuro c'è che se il video gioco è utilizzato troppo, potrebbe causare danni al sistema "emotivo" dei bambini rischiando che gli stessi si possono identificare con i vari personaggi. danni cerebrali dovuti a determinati giochi nei vari studi fatti non ce ne sono stati o meglio non sono stati accertati (se non alcuni casi di epilessia). quindi a mio avviso è inutile vietare o censurare i video giochi, quello che manca è l'educazione al gioco e a certi tipi di giochi. manca quello che si definisce l'aspetto critico del gioco. in sostanza i genitori dovrebbero far capire ai propri figli il senso del video gioco specialmente se sono di tipo "violento".
andrea
Per fortuna che molti dicono che nel nostro bel mondo la libertà è una cosa fondamentale.Fra poco ci metteranno pure un contatore di battiti cordiaci casomai il cuore batte troppo veloce ci faranno pure la multa.
Io adoravo e adoro i videogiochi e per me la partita finiva lì, non mi mettevo a uccidere le persone o a correre con la macchina e fare gli incidenti.
Speriamo bene.
Quello che dici, Andrea, è assolutamente vero. Ci tengo comunque a precisare che ci sono svariati videogiochi adatti ai bambini che in molti casi possono anche essere utili allo sviluppo di determinate facoltà intellettive. Non tutti i videogiochi sono violenti, come non tutti i film o i libri lo sono. Quello che manca al videogioco è l'essere considerato un mezzo di comunicazione alla pari degli altri. Anche il videogioco ha diversi generi, diverse forme in cui si può manifestare ed esprimere. Bisogna solo saper scegliere quella più adatta a noi (o per i nostri figli).
Quello che ci vuole è, insomma, una maggiore cultura videoludica, come del resto dicevi anche tu :)
Sergio
I videogiochi fanno male ?
Mangiare troppo fa male.
Bere troppo fa male.
Prendere troppo sole fa male.
Potrei continuare all'infinito la lista.
Come in tutte le cose ci vogliono le giuste "dosi".
Vietare videogiochi violenti ? Per quale motivo ? Viviamo forse in un mondo dove la violenza non esiste ? Viviamo in un mondo tutto rose e fiori ? No.
Impariamo ad usarli i videogiochi. E'vero come dice Sergio che purtroppo non c'è una "cultura" del videogioco, io per prima ammetto di non essere ferrata in materia...
C'è una cosa che mi preme dire: perchè non iniziamo a considerare i videogiochi come dei passatempi, dei divertimenti, degli hobby...e non come delle babysitter che intrattengono i bambini mentre magari i genitori sono troppo presi dai loro impegni?
Cari papà e care mamme, perchè non provate ogni tanto a farvi una partita insieme a vostro figlio invece che lasciarlo da solo davanti alla televisione ?
consiglierei una lettura molto interessante. "Mamma non rompere, sto imparando" di Mark Prenski.
"...i game designer hanno imparato a irretire, all' interno dell' esperienza videoludica, potenti meccanismi di apprendimento..."
L' autore velatamente asserisce che il mezzo videoludico riesce a sviluppare quelle forme d' apprendimento così importanti nel mondo reticolare di oggi, e che sono obbiettivi dichiarati dalla scuola, ma in cui la scuola sistematicamente fallisce.
sono un insegnante, e troppo spesso ho sentito colleghe parlare di bambini con "difficoltà attentive" (per non riferire le frasi ingiuriose usate realmente dai professionisti della scuola. ebbene gli stessi soggetti, emotivamente coinvolti davanti ad un titolo videoludico dimostravano spiccate doti decisionali e attentive. questo è tutto
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